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Jesi “Play Gershwin” chiude una sontuosa anteprima Festival

Enrico e Gabriele Pieranunzi e Gabriele Mirabassi in una performance omaggio a uno dei più importanti compositori del ventesimo secolo, e il pubblico in Piazza Federico II non se ne sarebbe andato mai

Jesi – L’anteprima del XXIII Festival Pergolesi Spontini, che ha alzato il sipario con Elio ed il suo Jannacci, proseguito con Niccolò Fabi, si è conclusa ieri sera sotto le stelle del jazz (mi scusi se rubo da lei, Maestro Paolo Conte), vale a dire Enrico Pieranunzi al pianoforte, il fratello Gabriele al violino, Gabriele Mirabassi al clarinetto, che hanno proposto “Play Gershwin”, un omaggio a uno dei più importanti compositori e musicisti del ventesimo secolo. Senza timore di essere smentiti.

Piazza Federico II gremita di appassionati della grande musica, giunti da ogni parte della regione. Dice, è facile, con un programma che prevede Gershwin si va tranquilli. Sì, ti godi quell’ora e mezza di brani che sembrano scesi da un altro cielo, che coniuga la musica colta col jazz, tanto che le sue creature hanno attraversato i generi blues e classica, e le sue melodie più popolari sono indimenticabili.

Mentre butto giù queste note, ho già ascoltato “Summertime” (ecco, quel brano ci è mancato…) cantato da Ella Fitzgerald in duo con Louis Armstrong, da Chet Baker (molto swingato), da Janis Joplin (graffiato come la traiettoria che compiono, sullo sfondo, quei pesci che saltano fuori dall’acqua) e ce ne sarebbero altri ma non li ho.

Però il programma non si basava solo su Porgy and Bess, l’apertura dedicata a An American in Paris ha portato al pubblico uno dei capolavori più profondi, allegri, moderni che il compositore abbia mai scritto. Un poema sinfonico, fu definito, ma tu ci puoi leggere quelle immagini musicali che preferisci.

Poi alcuni preludi secchi e fulminanti, geniali prima di The man i love, e Rhapsodie in Blue. Mica ho dimenticato che tutto quello che abbiamo ascoltato e vissuto – fra un campo di cotone, una Broadway che scintilla con le luci dei suoi teatri, il ritratto frizzante, multirazziale considerata l’epoca non certo favorevole, i blues e i newyorkesi che brulicano, correndo, le loro strade, come in Rhapsodiy in blue – è stato riletto, ritrascritto ed elaborato per pianoforte, violino e clarinetto da un grande, istrionico, empatico, eclettico pianista che risponde al nome di Enrico Pieranunzi, che da anni è un punto di riferimento costante nel nostro panorama jazz e non solo.

Eh sì, il pubblico non se ne sarebbe andato mai, magari qualche altra improvvisazione…  però non si può avere tutto.

Ha chiuso, come dicevo, alla grande questo preludio al XXIII Festival Pergolesi Spontini che riprenderà dalla fine di agosto, ma avremo tempo per parlarne.  

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