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L’ARTICOLO La guerra in Ucraina e i “corsi e ricorsi storici” di Vico

Oggi non saremmo qui, immersi in una tragedia sia umana che economica, se l’Europa dopo il collasso dell’Unione Sovietica non si fosse prestata alle strategie americane

Come avevo previsto in un paio di articoli precedenti la situazione internazionale si è deteriorata, coinvolgendo l’Europa in un’allarmante crisi tra l’Ucraina e la Russia con pesanti conseguenze sulle bollette domestiche e soprattutto sulle nostre filiere produttive. Questi problemi per quanto gravi, passano in secondo piano poiché siamo nella condizione di camminare sul ciglio del baratro di una guerra che rischia di divenire un olocausto nucleare.

La popolazione ucraina è finita in un terribile tritacarne quale oggetto di uno scontro geopolitico tra la Nato (leggi l’America ) e la Russia.

L’alleanza atlantica vuole acquisire l’Ucraina così da essere nella condizione di puntare il pugnale sulla giugulare di Putin, la Russia conscia del pericolo intende opporvisi.

Sebbene comprensiva, tuttavia la reazione della Russia appare sconcertante dal punto di vista umano per la feroce guerra scatenata.

Per capire la situazione odierna dobbiamo tornare al 1989, anno della caduta del muro di Berlino. Come confermato da un’inchiesta del settimanale tedesco Der Spiegel, gli americani convinsero il leader russo Gorbaciov a ritirare le truppe dalla Germania est, permetterne la riunificazione nell’ambito atlantico in cambio della promessa che la Nato non si sarebbe allargata verso i confini della Russia.

Evidentemente l’incauto Gorbaciov non conosceva gli aforismi di Toro Seduto di cui uno recita “Gli uomini bianchi hanno lunghi coltelli e lingua biforcuta“.

La Nato una volta collassata l’Unione Sovietica, non avrebbe avuto più ragione di esistere, ma non fu così. Gli americani colsero al volo l’occasione per ampliare il loro impero inglobando molti degli ex satelliti dell’Unione Sovietica, in una struttura militare che ne garantiva il consenso agli affari delle corporations.

I primi Paesi coinvolti furono quelli come la Polonia che erano già fortemente indebitati verso le banche occidentali poi man mano che ci si avvicinava ai confini della Russia si procedette con le cosiddette rivoluzioni colorate. L’ultima sulla rampa di lancio avrebbe dovuto essere la Bielorussia.

Ora torniamo all’Ucraina, letteralmente terra di confine, una regione che ha visto nell’odierna città di Kiev sul fiume Dnepr, la nascita della nazione russa. Lo Stato è frammentato in diverse aree, con prevalenza russofona, a seguito degli imperi che nel corso della storia si sono succeduti: da quello asburgico a quello zarista e infine quello sovietico.

La Russia ha sempre ritenuto l’Ucraina fondamentale per la propria sicurezza.

Già ai tempi dell’Unione Sovietica era stata coperta di regali sia finanziari come l’hub per il gas esportato in Europa, sia territoriali come la penisola di Crimea. Pare che il regalo fosse deciso nel 1954 da l’allora segretario del Pcs Kruscev abbastanza zuppo di vodka per non rendersi conto che Sebastopoli era la sede della più importante base navale russa.

Nel gennaio 2014 un governo filorusso venne rovesciato da una delle solite rivoluzioni colorate organizzate dalla Cia , che ha avuto il suo epicentro nella piazza Maidan a Kiev. Di fronte al rovesciamento Putin, con una mossa a sorpresa, si riappropria della Crimea sancendo il fatto con lo stesso meccanismo con cui la Nato alcuni anni prima aveva reso il Kosovo indipendente dalla Serbia, cioè un referendum.

Dopo il successo con l’Ucraina la Nato tenta con la Bielorussia lasciando intendere alle elite moscovite che si stava stringendo un cappio con l’obiettivo finale di fare implodere la Russia per accaparrarsi le sue immense risorse naturali. A questo si aggiunge il fatto che sebbene formalmente l’Ucraina è fuori dalla Nato , gli Usa e la Gb vi stavano conferendo enormi quantità di armi letali: per Putin era il segnale che la linea rossa era stata oltrepassata e che bisognava contrattaccare violentemente.

Il resto è cronaca dei nostri giorni.

Col senno di poi se l’Europa dopo il collasso dell’Unione Sovietica, invece di prestarsi alle strategie americane, avesse implementato un rapporto collaborativo e costruttivo con la Russia basato sulle reciproche potenzialità, oggi non saremmo qui, immersi in una tragedia sia umana che economica.

Le sanzioni e le contro sanzioni stanno ulteriormente frantumando la catena di approvvigionamento (supply chain), spingendo l’inflazione sempre più in alto. L’Italia che è un Paese trasformatore e manifatturiero pagherà il prezzo più alto in Europa.

La sconcertante corsa al riarmo che si è attivata lascia presagire uno scenario deja vu in quelli che precedettero le due guerre mondiali, a dispetto dei buoni propositi l’Europa è ricaduta di nuovo nella trappola, confermando la validità della tesi di Giambattista Vico (1668-1744) dei corsi e ricorsi storici”.

Bruno Bonci

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