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Jesi “Erinni” al Pergolesi, un dramma contemporaneo sulla vendetta

In scena domani sera alle 21, di Giancarlo Loffarelli per la regia di Mauro D’Ignazio

Jesi, 28 aprile 2022 – “Erinni”, lo spettacolo che va in scena domani sera alle 21 al Teatro Pergolesi è una storia d’amore e di morte, di dolore e disperazione, una storia di vita e di vendetta.

Il dramma di Giancarlo Loffarelli, per la regia di Mauro D’Ignazio, presentato dall’associazione Res Humanae e dalla compagnia La Barcaccia, mutua il titolo dalle donne simbolo di vendetta della mitologia greca, che i romani chiamavano Furie.

E di vendetta, fredda e calcolata, il dramma tratta.

La storia

La storia parte dal ritorno di Albert, un tedesco novantenne che si ripresenta dopo quasi 60 anni in un ristorantino di Roma, dopo che nella capitale era stato tenente delle famigerate Ss e aveva mostrato il suo volto più efferato di aguzzino e stupratore.
Da decenni, nel locale, implacabilmente, lo attendono due donne, le Erinni, che avevano dovuto subire le sue violenze e i suoi soprusi ai tempi del conflitto. Poi la vicenda si dipana a ritroso e svela retroscena e aspetti inattesi e drammatici che evitiamo di narrare per non far perdere allo spettatore il gusto di assistere a uno spettacolo davvero molto ben ideato e costruito dal regista Mauro D’Ignazio.U n dramma che ripercorre vicende storiche tragiche ma che, tra le righe e i quadri, tra le scene e i cambi di tono, rivela un’attualità e una contemporaneità sorprendenti e un’umanità ferita e per questo ancor più autentica.

Erinni, che aveva debuttato in anteprima regionale lo scorso anno a Il Piccolo sempre a Jesi, merita di essere visto e vissuto attentamente anche per la bella prova attoriale dei protagonisti, tutti molto bravi e professionali, a cominciare da Dante Ricci e Mugia Bellagamba, anime de Il Piccolo e della compagnia La Barcaccia, per proseguire con Eleonora Pieroni che recita benissimo la parte di Anna, Nicholas Tiranti, Nico Alberici e il fantastico Fabrizio Ilacqua che interpreta come meglio non si potrebbe l’Albert degli anni giovanili che, nella sua divisa della Wermacht col cappello volutamente e grottescamente più ampio della testa che deve coprire, nasconde un animo nero, tetro e orribile.


«Il parricidio che questo affresco popolare ci mostra – spiega il regista D’Ignazio – è anche l’attentato commesso nei confronti dell’amore, della libertà, dell’amicizia, della speranza, dei sogni».

Mauro D’Ignazio ha spento di recente le sue prime 45 candeline di attività teatrale e ha festeggiato questo compleanno con la firma della sua sessantatreesima regia.

Gianluca Fenucci

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