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Cronaca

Jesi Una giovane palestinese senza più violoncello, glielo porta un ex Carabiniere

Partito alla volta di Gerusalemme per regalare un sorriso di speranza alla musicista, «ma non voglio fermarmi qui, vorrei raggiungere le striscia di Gaza per portare aiuti»

Jesi – Non c’è confine che tenga, quando il desiderio di fare del bene e donare un sorriso sono gli obiettivi da raggiungere. Una storia di solidarietà, a ridosso del Natale, che ha collegato Jesi con la Palestina, una storia che vale la pena raccontare.

Il protagonista è Claudio, ex Carabiniere jesino in pensione, da sempre impegnato nel sociale, che durante la sua carriera nell‘Arma si è distinto per numerose missioni all’estero.

Il suo vuole essere un messaggio di pace in un mondo in cui c’è tanta preoccupazione per la guerra, in particolare quella che coinvolge Israele e Palestina. Claudio per un anno è stato nella Striscia di Gaza, luogo in cui ha instaurato tante amicizie e tramite organizzazioni di solidarietà, a Gerusalemme, sta cercando di dare il suo contributo, tra grandi difficoltà.

In una delle sue tante missioni in quelle terre martoriate da anni di conflitti, ha conosciuto Lucia D’Anna, varesina di nascita, insegnante di violoncello presso l’Istituto Magnificat di Gerusalemme, sposata a un palestinese cristiano, con un figlio di quasi 4 anni. Da circa 8 anni e mezzo vive a Gerusalemme dove è referente dei corsi per il Conservatorio di Vicenza e suona nell’orchestra barocca della capitale.

Lucia D’Anna qualche mese fa ha informato Claudio di un problema che l’affliggeva con una sua allieva, una bravissima violoncellista che non aveva risorse economiche per poter proseguire gli studi, una giovane ragazza palestinese che vive a Gerusalemme Est, soggetta quotidianamente a controlli la cui situazione era a dir poco problematica.

«Devo fare qualcosa, mi dice – ha raccontato Claudio – non ha più lo strumento, e mi dispiace vederla così, vorrei tanto aiutarla, cerchiamo di trovare un modo per poterglielo comprare».

Passano pochi giorni e arriva una chiamata: «Claudio, sono felicissima, il mio vecchio fornitore di violoncello, uno svizzero, vuole fare una donazione e regalare lo strumento, ora l’unico problema è come farlo arrivare alla ragazza».

«Vengo io, le ho detto subito – racconta Claudio – ma Lucia insisteva che era troppo pericoloso. Io sapevo che se lei riusciva a vivere lì, con un marito e un bambino piccolo, potevo di certo riuscire ad andarci».

«Così, ho scelto un giorno simbolico, quello di Natale, quando da noi ci si scambiano regali e sorrisi in famiglia, pensando che sarebbe stato bello poterlo fare anche con quella ragazza palestinese».

«Il 24 dicembre sono arrivato a Milano per incontrarmi con il liutaio svizzeroil quale mi ha consegnato il violoncello, che è finito per divenire oggetto di mille controlli e ispezioni all’aeroporto. Dopo una ventina di minuti di interrogatorio – ero l’unico italiano che si recava in Israele quel giorno – la ragazza della sicurezza mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto “ma alla fine di tutto, tu lo sai che succede lì?».

Sì lo sapeva bene, Claudio, e proprio per questo voleva portare un piccolo raggio di sole nella desolazione del buio della ragione. Un po’ di calore, nel freddo rimbombare delle armi.

«Consegnare il violoncello a quella ragazza speciale è stata l’emozione più grande (foto in primo piano) che potessi provare, ha poi ricordato raccontando, emozionato, dell‘incontro a casa dell’insegnante, il luogo più sicuro per vedersi, a pochi passi dall’abitazione della ragazza.

«Arte, musica, sport sono contesti di bellezza che dovrebbero restare estranei alle guerre, anzi dovrebbero unire, essere utilizzati come strumenti per abbattere muri», perciò il coraggio di Claudio non si fermerà a questa sola consegna.

Il suo obiettivo è di poter entrare nella striscia di Gaza per portare aiuti, anche personalmente

«Mi prendono per pazzo? Se deve succedere qualcosa succede, se credi nel karma non puoi dire te le vai a cercare, sono in contatto con delle organizzazioni, anche loro stanno cercando di capire come fare, anche se dietro c’è una burocrazia allucinante. Il primo passo è stato donare un sorriso a quella ragazza, ora ce ne sono tanti altri da aiutare».

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