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Jesi La pace come rivoluzione: dialogo tra Bertinotti e Mancini alla Casa del Popolo

Uno sguardo critico alle ragioni della crisi civile e sociale del tempo presente

Jesi – Due ospiti d’eccezione, Fausto Bertinotti, direttore di Alternative per il socialismo, ex politico e sindacalista, già segretario del Partito della Rifondazione comunista e Presidente della Camera dei deputati, coautore del libro Pace e Rivoluzione e Roberto Mancini, filosofo, professore ordinario di filosofia teoretica presso l’Università di Macerata, coautore del libro Oltre la guerra, tra i fondatori del movimento “Dipende da Noi”, si sono incontrati alla Casa del Popolo di via XXIV Maggio lo scorso martedì, per indagare – insieme al pubblico foltissimo – le ragioni della crisi sociale e civile che investe il nostro tempo. 

Al centro il tema della pace come risposta e via d’uscita alla crisi di civiltà in corso in Occidente, che è innanzitutto una crisi di valori.

«Il capitalismo ci ha illuso che avrebbe prodotto più ricchezza per tutti – ha sottolineato Fausto Bertinotti – ma ci sono stati vincitori e vinti. Se il capitalismo si fa religione lo squilibrio di forze, cioè di potere, è esorbitante, la politica si frantuma, torna a iscriversi come un fatto naturale, al pari degli altri». 

«Il tecno capitalismo finanziario – lo definisce così Roberto Mancini – ingloba entro la sua logica tutti gli aspetti della vita, riducendo l’esistenza al rango di risorsa merceologica e la politica da principe a servo del mercato globale. C’è una guerra più o meno dichiarata contro tutte le soggettività che non incarnano il principio di potere ma lo subiscono, anzitutto poveri, donne, giovani e ambiente».

Nel momento storico in cui la guerra torna ad affacciarsi alle porte dell’Europa – per citare solo 2 dei 59 conflitti attualmente in corso nel mondo -, in cui le emergenze che occupano le agende della politica sono fenomeni sistemici legati da una radice comune, che è quella del potere, tornare a parlare di pace significa parlare alla nostra stessa identità europea, è il recupero di una tradizione culturale secolare che si fonda sui valori del cristianesimo e dell’illuminismo. 

«E’ necessario dismettere l’attaccamento alla radice del potere, che è una grammatica di imposizione, di autoreferenzialità – ha spiegato Roberto Mancini. Serve una visione, un nuovo modo di stare al mondo, che porti sino in fondo l’idea della democrazia. Un governo democratico prevede confronto, mediazione, ricerca di quella via terza che la guerra – come la tifoseria – per sua stessa costituzione non prevede». 

Quali individui potrebbero produrre un pensiero nuovo? Lo sguardo di Roberto Mancini si posa su tre gruppi di soggetti potenziali: le persone corali anzitutto, le comunità locali trasformative, come le associazioni, e le istituzioni eticamente orientate, di cui anche la politica dovrebbe far parte.

«La pace si conquista se nell’ingranaggio del capitalismo entra la sabbia che lo costringe a ripensare il suo rapporto coi popoli – ha affermato Fausto Bertinotti. Serve una speranza attiva, inscritta nelle istituzioni, nella lotta. La rivoluzione, intesa come trasformazione profonda, come passaggio da una società a un’altra, è il punto più alto della politica».

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