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Cronaca

L’intervista Roberta Bruzzone: «Credo che Andreea sia morta nel casolare»

La criminologa: «Lei lucida non era, il contesto non l’ha aiutata e il fatto stesso che nessuno l’abbia cercata in maniera attenta in quel momento è perché ipotizzavano che se ne fosse andata, le ricerche lì, all’inizio, non sono state poi così capillari»

Jesi – Sul caso Andreea Rabciuc di certo, al momento, possiamo soltanto dire che l’allora 27enne ragazza di origini rumene è scomparsa sabato 12 marzo 2022 e quelli che sarebbero i suoi resti – in attesa del responso del Dna – sono stati poi rinvenuti in un altro sabato, di circa due anni dopo, il 20 gennaio scorso.

La crime scene del ritrovamento, un casolare, sempre lungo la Montecarottese, in via Monte Adamo 26, territorio di Castelplanio, a poco meno di un chilometro dall’altro casolare dal quale si era allontanata quella mattina, intorno alle 7, a piedi e senza cellulare, dopo aver partecipato a una serata all’interno di una roulotte, in compagnia di una coppia e del fidanzato Simone Gresti, unico indagato, a piede libero, per istigazione al suicidio, omicidio volontario, sequestro di persona, spaccio di stupefacenti.

Allontanamento sfociato in una scomparsa lunga quasi due anni. Sino, appunto, a quel sabato 20 gennaio.

Caso Andreea «Ero andato a prendere la legna, poi mi è mancato il fiato»

Tante domande attendono risposte, adesso ci si attiene, perlopiù, alle ipotesi e di queste ne abbiamo parlato con la criminologa, psicologa forense, scrittrice, nonché personaggio televisivo, Roberta Bruzzone.

Cosa ne pensa degli ultimi sviluppi del caso di Andreea Rabciuc?

«Il capo di imputazione che la Procura in questo momento ha ipotizzato lascia spazio a diverse valutazioni, evidentemente la strada dell’omicidio non è assolutamente l’unica che considerano, perché in questo momento l’ipotesi è aperta anche all’istigazione al suicidio, quindi non è escluso che la ragazza possa aver fatto tutto da sola o che sia stata portata da una situazione esasperata a decidere di togliersi la vita. Noi non possiamo visionare quello che ha in mano la Procura, però l’istigazione al suicidio è un’ipotesi che tipicamente non si fa unitamente a quella dell’omicidio, quindi vuol dire che, in questo momento, l’ipotesi omicidiale non è cosi solida sotto questo aspetto, evidentemente ci sono elementi che lasciano alla Procura la strada per valutare anche che, effettivamente, Andreea possa aver fatto tutto da sola, in uno scenario di grande angoscia personale».

«Il nostro ordinamento, per quanto riguarda l’istigazione al suicidio, prevede specifici elementi piuttosto complessi da provare, ho lavorato a diversi casi di istigazione al suicidio e soltanto in un caso, abbastanza rilevante, siamo riusciti ad arrivare a sentenza, era quello di Arianna Flagiello, con una sentenza di condanna importante. Ma è veramente difficilissimo da provare, sono pochi i casi che arrivano davanti al giudice».

Quali le ipotesi sulle cause della morte?

«Non ce lo nascondiamo, due anni sono tanti, un cadavere che rimane due anni in una condizione del genere chiaramente disperde tantissime informazioni. Danni ossei, al momento, non sembra ce ne siano, quantomeno è quello che viene escluso, quindi la causa della morte potrebbe essere riconducibile a una matrice asfittica, che però potrebbe essere astrattamente compatibile con un impiccamento anche autoprodotto».

«Oppure l’altra ipotesi, che può essere vagliata, è un malore in seguito all’assunzione di stupefacenti. Se ipotizziamo che sia arrivata lì da sola, con le sue gambe, è chiaro che quello è più un luogo dove ti vai a nascondere, è una scelta particolare, perché probabilmente Andreea percepiva di essere in pericolo. Che lo fosse davvero o che magari l’assunzione di sostanze l’abbia portata a sviluppare un’ideazione paranoide non è da escludere, perché chi usa sostanze stupefacenti a volte le miscela e arrivare a una psicosi di tipo paranoide non è anomalo, ti porta a ipotizzare che c’è qualcuno che ti voglia fare del male quando invece è solo frutto di immaginazione. Quindi, anche questo è uno scenario che non mi sentirei di escludere».

I resti di Andreea, come in altri casi, sono stati rinvenuti a poche centinaia di metri da dove era scomparsa

«L’amarezza rimane, alla fine, sì, Andreea era a poche centinaia di metri dal luogo dove era stata vista andare via. Comunque, ci sono ben tre testimonianze, con quella di Gresti, che è l’unico indagato: anche gli altri due sostengono che lui stesso si sarebbe allontanato dopo, con l’altra ragazza, presente quella sera».

E’ possibile che sia stato portato il corpo della ragazza nel casolare subito dopo la sua morte?

«Portare un corpo lì? Il problema qual è? È che se consideriamo l’ipotesi Gresti, allora dobbiamo anche considerare quella che gli altri due testimoni abbiano mentito».

Ritiene possibile, eventualmente, che sia stata l’azione di una sola persona?

«Mi sembra improbabile. Gresti, da quanto emerso, non frequentava quei luoghi, e se mi dovessi disfare di un cadavere, probabilmente sceglierei di disfarmene lontano dal luogo da cui ho raccontato che Andreea se n’è andata. Avrebbe avuto più senso disfarsene altrove. Se ipotizziamo che sia stato Gresti, non ha molto senso. Lui ha sempre detto se n’è andata con le sue gambe e che, probabilmente, qualcuno poi l’avrà portata via. La sua versione è stata sempre quella. Mi sarei aspettata, nell’ipotesi Gresti, di trovare il corpo in un altro luogo».

«La scelta di occultare il cadavere in quel casolare, nell’ottica di Gresti, mi sembra un po’ forzata come ricostruzione, glielo dico sinceramente, in 25 anni di esperienza mi sono capitati casi di occultamento corpi, ma dove era improbabile imbattersi nel cadavere, qui non era così improbabile. Sul piano strettamente criminologico quel luogo come occultamento di un cadavere mi pare un po’ bizzarro».

Il cadavere della ragazza potrebbe essere stato portato lì proprio per farlo trovare?

«Anche se c’è stata portata dopo, comunque è sempre un luogo frequentato, ci sono persone che ci bazzicano, tanto è vero che, anche se due anni dopo, i resti sono stati ritrovati. Consideri che spostare un cadavere successivamente all’epoca della putrefazione è complicato, entro tre giorni dalla morte cominciano i processi degenerativi putrefattivi più impegnativi, anche nella trasformazione del cadavere, spostare un corpo in tale stato in un altro luogo è complicato, soprattutto quando hai un’inchiesta nella schiena. Una situazione complicata anche dal punto di vista pratico, il corpo disperde liquidi, l’odore che viene emanato. Tutto lascerebbe ipotizzare, da quello che ho letto, che sia morta lì e si sia decomposta lì, o quanto meno che ci sia arrivata nell’immediatezza della morte ma si sia comunque decomposta lì, non altrove».

Come è stato possibile, allora non avvertirne l’odore?

«Il 12 marzo erano temperature ancora abbastanza rigide, se li non è arrivato nessuno nei successivi 15/20 giorni gli odori della putrefazione non sono così evidenti in quel momento dell’anno».

Sembra che qualcuno sia entrato nella casa pochi giorni dopo la morte, nel corso di sopralluoghi e intrusioni…

«Importante è capire se questo qualcuno è andato in quella stanza, mi sembra di no, se si dice siamo stati esattamente lì e in quel punto del ritrovamento il cadavere non c’era, allora è un’informazione che certamente ha un peso. Se, invece, hanno dato un’occhiata in giro e non l’hanno vista, ma lì nella stanza non ci sono andati…. sì, è vero che gli odori della putrefazione sono forti, però è un ambiente particolare, probabilmente in un contesto di questo tipo non sono abbastanza forti se non vai lì. Gli odori della putrefazione non si avvertono nei primi tre giorni perché la parte putrefattiva importante, a livello di effluvi, comincia a sentirsi tra il quinto e il decimo giorno. Se sono andati lì nei primi giorni non hanno sentito niente, e a meno che non vai nel pieno della putrefazione non è che li senti, devi andarci a ridosso». 

L’ipotesi che il corpo sia stato mantenuto in un altro posto e poi i resti portati nel casolare è plausibile?

«Scarterei l’ipotesi che il corpo sia stato mantenuto in un altro luogo, lo scheletro umano è composto da 206 ossa, raccoglierle tutte è complicato. Se le ossa ci sono tutte tenderei a escluderlo, ricomporre lo scheletro se non si è del mestiere è complesso, se manca qualche osso ne possiamo discutere, ma finché questo non lo sostiene un antropologo forense non è da tenere in considerazione. Se non ci sono tutte le 206 ossa ragioniamoci, ma se tutte le ossa sono lì è impossibile che sia stato trasportato in fase di scheletrizzazione».

«Purtroppo questa ragazza aveva una vita disordinata, come ha fatto quella sera, e certi comportamenti, a noi che siamo qui a parlarne e siamo lucidi, possono sembrarci bizzarri. In quel momento lei lucida non era, il contesto non l’ha aiutata e il fatto stesso che nessuno l’abbia cercata in maniera attenta in quel momento è perché ipotizzavano che se ne fosse andata. Le ricerche poi, lì, all’inizio, non sono state così capillari».

«Credo che lei sia morta lì e lì sia rimasta, non credo che ci possa essere un’ipotesi alternativa verosimile, sono andati a cercare ma non sono andati in quella stanza, questo è almeno quello che ho letto, ma le assicuro che le potrei fare un elenco lungo un chilometro di ricerche fatte un po’ così, di persone ritrovate a poche centinaia di metri da dove erano scomparse, non ultimo Elisa Claps».

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