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Cronaca

JESI Luca Bernardi, voce dei deboli ed esempio di vita

Nella chiesa di San Giuseppe i funerali officiati dal cugino, don Federico Rango, messaggio del vescovo Gerardo

JESI, 12 luglio 2021 – «Oggi restituiamo Luca al Signore, a Lui che ce lo ha donato e, pur nel dolore, è un canto di vita che si eleva per l’eternità».

Così nell’omelia don Federico Rango, vice parroco di San Sebastiano e cugino di Luca Bernardideceduto sabato scorso all’età di 35 anni – officiando il rito funebre per il familiare nella chiesa di San Giuseppe insieme al parroco, don Guliano Fiorentini. Presenti anche il sindaco Massimo Bacci in forma ufficiale, il presidente del Consiglio comunale, Daniele Massaccesi e l’assessore Marialuisa Quaglieri, che da tempo gli era accanto.

Luca si è spento al termine di un cammino doloroso a causa della distrofia muscolare di Duchenne che da più di 20 anni lo costringeva a letto e a respirare con l’ausilio del ventilatore meccanico.

Ma se il corpo lo imprigionava nella sofferenza non era così per la sua forza interiore, per il suo animo di combattente e di curioso della vita, che aveva scelto di vivere sino in fondo.

E questa scelta lo portava sempre a uscire da quella costrizione, a relazionarsi con tanti, a farsi voce dei diritti dei più deboli, di quanti vivevano la sua condizione tra le difficoltà di un sistema, di una burocrazia e di un mondo che soffocano e spesso non aiutano come dovrebbero. Piuttosto emarginano.

Luca si era laureato, scriveva libri, intratteneva rapporti, aveva mille interessi, che gli erano valsi l’onorificenza di Cittadino Benemerito, «si era messo in ascolto della vita che era in lui – ha sottolineato don Federico – quasi come un profeta, non ha accampato scuse per non vivere ma lo ha fatto in pienezza e sino in fondo, lasciando dal suo letto una grande traccia di sè e del suo amore».

Il messaggio del vescovo Gerardo

Don Giuliano Fiorentini, al termine del rito, ha letto un messaggio del vescovo della diocesi jesina, don Gerardo Rocconi.

«Carissimo Luca, voglio solo darti un saluto. C’è chi sarà più in grado di me per ricordare quello che sei stato e che hai fatto. Voglio solo dirti grazie. Grazie per la grande testimonianza di fede, di pazienza, di amore, che ci hai dato».

«Appena arrivato in diocesi don Giuseppe mi ha portato subito da te. Ci teneva che ti conoscessi. E aveva ragione. Quelle volte che ho avuto la possibilità di incontrarti sono sempre uscito da casa tua arricchito. Penso che vivevi una forte sofferenza: dipendere dalle macchine per 20-25 anni è una cosa terribile. Eppure non ho mai sentito un lamento, anzi sempre hai usato, almeno con me, parole ricche di serenità».

«Ciò che soprattutto mi ha colpito di te è che hai scelto di non chiuderti in casa. Certo, non potevi uscire ma hai mantenuto, con lo scrivere o con altre forme di contatto, relazioni belle e significative. Hai lasciato un segno importante. La tua vita, vissuta praticamente sempre nella malattia, è stata comunque preziosa. Credo che sei stato una parola che Dio ci ha detto: ci hai insegnato a vivere nella fede, nella pazienza, nell’amore».

«Oggi che sei immerso nell’amore del Signore, che sempre ti ha accompagnato, prega per noi, per le tante persone che forse non hai mai visto ma che sapevano di te, prega per la nostra comunità. Rimanga questo profondo legame che unisce i vivi e i defunti. Ora che vedi Dio faccia a faccia, continua a intercedere per questo tempo, soprattutto per i giovani di questo tempo».

«Voglio salutare anche i genitori. Voglio loro dire coraggio. Avete dato tanto amore e tanto tempo a Luca. Improvvisamente tutto si ferma. Sentirete un vuoto immenso. Fa parte della natura delle cose. Trovate il coraggio nel pensare quanto grande, pur in una terribile sofferenza, è stato il valore di Luca. Il ricordo di lui, che è stato veramente un prodigio, vi sostenga e vi accompagni. Un abbraccio».

Un adorabile guerriero lo aveva definito proprio l’assessore Marialuisa Quaglieri quando aveva appreso la notizia della morte, ma pure un guerriero alla Bertoli perchè Luca la vita aveva saputo affrontarla anche a muso duro.

Pino Nardella

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