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Ricette per il sorriso

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI


DENTRO L’OMBRA DELLE COSE

Tu pensi di sceglierlo l’amore e invece è lui che ti sceglie. Ti vede, mentre galleggi sulla vita, scende in picchiata e ti prende. Ti acciuffa per i capelli, ti alza dalla corrente e, tra i rovesci delle onde, prima ti caccia le unghie nella carne, poi ti accarezza. Puoi provare a capire, a difenderti, a scappare, ma è inutile: quando l’amore ha deciso che è te che vuole, non puoi farci niente.

“Hai visto come viene giù?”, chiede lei. Lui fissa un punto lontano e poi le risponde: “Mi piace la pioggia. Lava via tutto, i pensieri belli, quelli brutti, i desideri, le speranze, la rabbia…e si può ricominciare da capo”. “Perché vuoi ricominciare?”. “Perché così posso vivere mille storie, perché una via sola non mi basta, perché senza caos non c’è senso, perché non ti trovi se non ti perdi e ti riperdi. Mi capisci?”. “Penso di sì. Ma perché mi dici queste cose?”. “Perché credo di amarti. Ti ho vista prima, in mezzo alla strada. Eri l’unica senza ombrello, come me. E mi sono detto: è lei. Allora ti ho seguita”. “Mi hai seguita…davvero?”. “Ti dispiace?”. “No. Per niente”. Sono zuppi, ubriachi di sospiri sotto il tintinnio delle gocce. “Sono troppo piccola per te”, mormora lei tremando. “È vero”, ammette lui. E poi la bacia. E in quel momento l’anima si scioglie, il sangue si scioglie, l’intero universo si scioglie e il cuore di tutte le cose si mette a battere nel loro cerchio di braccia. “Amore mio…”, sussurra lui. E lei smarrisce il senso di sé. Dentro rimangono pochi suoni leggeri, a soffiare come un lamento: Prenditi tutto quel che ho. Le distese della pelle, le disfatte dei ricordi, le linee degli odori, passato e futuro. Ogni cosa di me ti appartiene. Perciò glielo confessa: “Sparire tra le tue braccia è tutto ciò che voglio. Non ho bisogno di nient’altro, neanche di respirare” e  lo stringe più forte. “Io l’ho già sentita la tua voce – rammenta lui  –. Prima di nascere, prima di sapere il mio nome, io la riconosco”. E mentre parla, sente il vento intorno, sente le formiche sul selciato e ogni cosa che esiste nell’elettricità del presente. Lui sente. Non c’è niente che conti sulla Terra a parte questo istante di felicità sospesa. Sul ciglio della strada, mentre si sfiorano le mani, allora dolcemente lo prega: “Raccontami di te”. C’è una pausa dell’aria. La sera si posa sul giorno. “Cosa vuoi sapere?”. Lei ci riflette su e poi continua: “Voglio sapere se hai paura di invecchiare e quale volto immagini per i tuoi figli. Voglio sapere che padre sarai e se ti piace guidare al tramonto. A cosa pensi quando ti svegli e quando guardi planare i gabbiani. Dimmi cosa provi se accarezzi una donna e le parole che vorresti sentirti dire per non lasciarmi più”. Lui è travolto dal languore di quello sguardo, non riesce a muoversi, né a parlare. “Sai – confida lei  –,  ieri ho scritto dei versi. Li ho scritti per te, anche se non ci eravamo ancora incontrati…li vuoi sentire?”. L’altro fa sì con la testa. “Creatura celeste, tu sei come l’acqua e il peccato non ti tocca. Taccia il vento che ora riposi. Non osi l’alba ombrarti il giaciglio. Tutto sia quiete e la pace discenda sul mondo. Perché, quando sogni, voglio che la notte abbia il tuo cuore puro”. L’uomo si commuove: “Grazie”, bisbiglia. Lei sorride e si rificca tra le sue braccia. Se venisse l’apocalisse e fossero seppelliti da tutti i detriti del cosmo, tra mille anni li troverebbero ancora lì, nel silenzio del loro abbraccio, avvinghiati per non perdersi.

Corre questo viaggio e non sappiamo dove. Cerchiamo la risposta, ci basterebbe un segno, qualcosa, un graffio leggero sulla rotta, una sillaba scritta, ma non scorgiamo niente e allora continuiamo a procedere ignorando la direzione. Magari c’è una regola dietro al nostro errare inconsapevole, dentro l’ombra delle cose. Magari questo navigare senza bussola ci deve portare proprio nel luogo in mezzo al niente in cui dobbiamo essere, in quel punto accecante d’azzurro nel mare, dove non ci sono scogli, né isole, né zattere a cui aggrapparsi, ma solo orizzonte, luminoso e infinito, davanti agli occhi. E quando ci viene voglia di lasciarci andare perché crediamo che non ci sia più speranza, quando sentiamo che stiamo per affogare nel nostro abisso di solitudine, l’amore ci vede e ci viene a salvare. Ci toglie il respiro e, quant’è vero Iddio, ci sembra di morire, ma in realtà siamo salvi.

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